Che strano: non ricordo il suo nome. Per quanto mi sforzi, non riesco prorpio a ripescarlo dal mare dei ricordi. Ricordo invece il suo viso, i suoi occhi verdi. Ricordo il suono della sua voce e il suo modo di parlare trascinando un po' le parole, come fanno gli ubriachi. Siamo state compagne di classe in quinta, alle superiori. Aveva un anno piu' di noi, quell'anno perso a causa della sua malattia. Era epilettica. Di questa malattia esistono forme diverse, tanto che i medici e i ricercatori che se ne occupano, preferiscono parlare di epilessie, al plurale. Anche le cause sono molteplici. Nel suo caso pare che fosse provocata da un grave trauma, conseguenza di una bruttissima esperienza vissuta, con risvolti macabri e cruenti e che non mi va di raccontare.
E' arrivata ad anno scolastico gia' iniziato e, prima del suo arrivo, il preside era venuto in classe e ci aveva informati della sua situazione e del fatto che avrebbe potuto avere delle crisi. Aveva anche chiesto chi tra noi si sentiva di assisterla in quei momenti. Ci eravamo offerti in sette, tre ragazze e quattro ragazzi, tra i piu' robusti della classe. Durante l'intervallo siamo stati chiamati in infermeria dove siamo stati brevemente istruiti su quello che ci aspettava e sul comportamento da tenere, su cosa fare e come farlo e su cosa non fare quando si assiste un epilettico durante una crisi. Poi e' arrivata lei, accolta con calore e simpatia quasi da tutti. Non da tutti, no, perche' si sa che la diversita' spaventa, ma il nostro gruppo le si e' stretto intorno, facendo il possibile perche' si sentisse accettata e protetta, ma senza farla sentire troppo diversa. Fu lei stessa a raccontarci la terribile esperienza vissuta e le conseguenze che aveva avuto sulla sua vita e su quella della sua famiglia. Fortunatamente aveva un ragazzo molto innamorato, che le era rimasto accanto, e di questo lei era molto grata, anche se si sentiva in colpa nei suoi confronti. Avevamo molto di cui parlare. Era incredibilmente intelligente, prendeva voti alti in tutte le materie, scriveva temi bellissimi e spesso faceva interventi, durante le lezioni, che spiazzavano anche gli insegnanti piu' preparati. Dolcissima e con una sensbilita' resa ancora piu' profonda dalla sua condizione particolare, riusciva anche ad essere molto divertente e a scherzare sulla sua malattia. Il piu' delle volte la sentiva arrivare, la crisi. Allora si alzava, faceva un cenno all'insegnante di turno ed usciva dalla classe, immediatamente seguita da almeno cinque dei sette volontari. A meta' del corridoio c'era una rientranza, una piccola stanza senza porte con qualche sedia. Quasi mai riusciva a raggiungerla con le sue gambe, il piu' delle volte ci crollava tra le braccia appena fuori dalla porta della classe. Non tutte le crisi erano uguali: a volte tremava tutta, come quando si e' in preda ai brividi di una forte febbre, altre volte aveva le convulsioni e allora dovevamo stare attenti che non battesse la testa o che non si ferisse dimenandosi. Uno alla testa, quattro agli arti. Senza contenerla, solo accompagnando i suoi movimenti con delicatezza. Bisognava fare attenzione che non si mordesse la lingua tra i denti serrati, ma senza metterle alcun oggetto in bocca. Soprattutto dovevamo osservare attentamente i movimenti degli occhi e dalla testa e riferirli poi all'infermiera, in costante contatto con il suo medico. Anche la durata variava, da pochi minuti fino a piu' di mezz'ora, perche' al termine delle crisi piu' gravi, piombava in un sonno profondo. A volte sembrava stesse sognando. Allora faceva delle smorfie, come fanno i neonati. Poteva accennare un sorriso, sollevando appena un angolo della bocca, oppure piangere e disperarsi, farfugliando frasi sconnesse, forse rivivendo la sua dolorosa esperienza. Capitava anche che durante queste crisi piu' prolungate suonasse l'intervallo e il corridoio, inevitabilmente, si riempisse di ragazzi vocianti. Allora i nostri compagni piu' alti si schieravano a formare una barriera tra lei, inconsapevole e indifesa, e gli sguardi curiosi, le risatine sceme e le immancabili volgarita'. Altre volte la crisi la coglieva di sorpresa, facendole perdere i sensi all'improvviso. Mi sembra ancora di sentire il tonfo del suo corpo sul pavimento di lineoleum della classe, il rumore delle sedie scostate in fretta da chi si affrettava a portarle soccorso. Ci volevano i gemelli De Sanctis, due armadi a muro alti piu' di un metro e ottanta, per sollevarla da terra e portarla fuori. E se le convulsioni cominciavano subito, non era impresa da poco. Gia' alta di natura, i farmaci l'avevano molto appesantita, non era proprio un fuscello, ma Antonello e Raffaello sembravano sostenerne il peso senza sforzo.
E' arrivata ad anno scolastico gia' iniziato e, prima del suo arrivo, il preside era venuto in classe e ci aveva informati della sua situazione e del fatto che avrebbe potuto avere delle crisi. Aveva anche chiesto chi tra noi si sentiva di assisterla in quei momenti. Ci eravamo offerti in sette, tre ragazze e quattro ragazzi, tra i piu' robusti della classe. Durante l'intervallo siamo stati chiamati in infermeria dove siamo stati brevemente istruiti su quello che ci aspettava e sul comportamento da tenere, su cosa fare e come farlo e su cosa non fare quando si assiste un epilettico durante una crisi. Poi e' arrivata lei, accolta con calore e simpatia quasi da tutti. Non da tutti, no, perche' si sa che la diversita' spaventa, ma il nostro gruppo le si e' stretto intorno, facendo il possibile perche' si sentisse accettata e protetta, ma senza farla sentire troppo diversa. Fu lei stessa a raccontarci la terribile esperienza vissuta e le conseguenze che aveva avuto sulla sua vita e su quella della sua famiglia. Fortunatamente aveva un ragazzo molto innamorato, che le era rimasto accanto, e di questo lei era molto grata, anche se si sentiva in colpa nei suoi confronti. Avevamo molto di cui parlare. Era incredibilmente intelligente, prendeva voti alti in tutte le materie, scriveva temi bellissimi e spesso faceva interventi, durante le lezioni, che spiazzavano anche gli insegnanti piu' preparati. Dolcissima e con una sensbilita' resa ancora piu' profonda dalla sua condizione particolare, riusciva anche ad essere molto divertente e a scherzare sulla sua malattia. Il piu' delle volte la sentiva arrivare, la crisi. Allora si alzava, faceva un cenno all'insegnante di turno ed usciva dalla classe, immediatamente seguita da almeno cinque dei sette volontari. A meta' del corridoio c'era una rientranza, una piccola stanza senza porte con qualche sedia. Quasi mai riusciva a raggiungerla con le sue gambe, il piu' delle volte ci crollava tra le braccia appena fuori dalla porta della classe. Non tutte le crisi erano uguali: a volte tremava tutta, come quando si e' in preda ai brividi di una forte febbre, altre volte aveva le convulsioni e allora dovevamo stare attenti che non battesse la testa o che non si ferisse dimenandosi. Uno alla testa, quattro agli arti. Senza contenerla, solo accompagnando i suoi movimenti con delicatezza. Bisognava fare attenzione che non si mordesse la lingua tra i denti serrati, ma senza metterle alcun oggetto in bocca. Soprattutto dovevamo osservare attentamente i movimenti degli occhi e dalla testa e riferirli poi all'infermiera, in costante contatto con il suo medico. Anche la durata variava, da pochi minuti fino a piu' di mezz'ora, perche' al termine delle crisi piu' gravi, piombava in un sonno profondo. A volte sembrava stesse sognando. Allora faceva delle smorfie, come fanno i neonati. Poteva accennare un sorriso, sollevando appena un angolo della bocca, oppure piangere e disperarsi, farfugliando frasi sconnesse, forse rivivendo la sua dolorosa esperienza. Capitava anche che durante queste crisi piu' prolungate suonasse l'intervallo e il corridoio, inevitabilmente, si riempisse di ragazzi vocianti. Allora i nostri compagni piu' alti si schieravano a formare una barriera tra lei, inconsapevole e indifesa, e gli sguardi curiosi, le risatine sceme e le immancabili volgarita'. Altre volte la crisi la coglieva di sorpresa, facendole perdere i sensi all'improvviso. Mi sembra ancora di sentire il tonfo del suo corpo sul pavimento di lineoleum della classe, il rumore delle sedie scostate in fretta da chi si affrettava a portarle soccorso. Ci volevano i gemelli De Sanctis, due armadi a muro alti piu' di un metro e ottanta, per sollevarla da terra e portarla fuori. E se le convulsioni cominciavano subito, non era impresa da poco. Gia' alta di natura, i farmaci l'avevano molto appesantita, non era proprio un fuscello, ma Antonello e Raffaello sembravano sostenerne il peso senza sforzo.
Ho avuto sue notizie, qualche anno dopo il diploma, da una nostra compagna di classe che l'aveva incontrata per caso. Molto dimagrita, bella, ben vestita e perfettamente in salute. Lavorava ed era sempre fidanzata con il suo ragazzo di allora.... Non mi ricordo il suo nome, ma non potro' mai dimenticarmi di lei.
Perche' racconto questa storia? Perche' domani e' San Valentino e forse non tutti sanno che e' il santo patrono degli epilettici. Dato che l'amore lo si puo', lo si dovrebbe, festeggiare ogni giorno dell'anno, oggi il mio pensiero va a chi ha a che fare con questa malattia. Ai malati, in primo luogo, alle loro famiglie, ai loro amici, ai medici e ai ricercatori, alle associazioni e ai volontari.
Comunque buon San Valentino a tutti, anche agli innamorati.
Bel post, complimenti!
RispondiEliminami piace
RispondiEliminaBRava Roby! Sono orgogliosa di seguire una blogger come te! :-)
RispondiEliminaGrazie Roby!...posso dire la stessa cosa e anche che io sono orgogliosa di essere seguita da una blogger come te ;-)
EliminaEcco... Mi hai fatto piangere ma non te ne voglio, chi grazie alle parole scritte è in grado di commuovere è davvero una gran bella persona e buon San Valentino, davvero a tutti! Un bacione
RispondiEliminaSon lacrime dolci...grazie di cuore , Ely, sei tu che mi fai commuovere con le tue belle parole. Un abbraccio.
EliminaSarà che in questo periodo sono particolarmente emotiva (ok, va bene.. lo sono sempre!!) ma sto piangendo :')
RispondiEliminaOh mamma....anche papi ha pianto...sara' meglio che rimetta in scena il condominio, va la'....
EliminaLo sai che siamo una famiglia di frignoni!!
Eliminalo so, lo so...non lo sapessi, ma lo so....
EliminaLeggere il tuo post in intervallo pranzo e tornare... di colpo... indietro da una vita. Ricordare anch'io una compagna di scuola che, venuta in gita ed in camera con me, veniva presa da queste crisi ogni sera prima di addormentarsi.
RispondiEliminaNessuno ne sapeva nulla, tranne me... un'esperienza con una zia affetta da attacchi epilettici, mi fece fare i gesti giusti...
Altri ne ho conosciuti sul mio cammino,alcuni che se ne vergognano altri che lo affrontano. Per tutti una vita fatta di ostacoli e paure. San Valentino li protegga e benedica te che ce li fai ricordare.
Nora
PS... non mi vergogno di lacrimare.... sallo!
Ci mancherebbe altro che te ne vergognassi, Nora cara. Son ben altre le cose delle quali ci si dovrebbe vergognare, ma chissa' com'e', chi le commette di solito non conosce vergogna....
EliminaGrazie infinite, carissima. Ti abbraccio forte.
Ho un fiume di parole in testa, ma allo stesso tempo sento la mente vuota. Non saprei cosa dire, cosa scrivere...e le lacrime mi rigano gli occhi. Bellissimo post!!!
RispondiEliminaSei una persona veramente speciale e anche se non ti conosco di persona ti voglio un bene dell'anima!
Chi si somiglia, si piglia...e anch'io ti voglio bene, tesoro...
EliminaUn modo sensibile e delicato di celebrare una ricorrenza che, nella sua versione consumistica, non amo molto.
RispondiEliminaSiamo in tanti a non amare questo modo consumistico di festeggiare delle ricorrenze che, cosi', si spogliano di significato...non siamo ancora abbastanza, evidentemente...
Eliminami hai commosso sai? Non sapevo davvero che questo Santo fosse il patrono degli epilettici...tu sei una bella e grande persona, chapeau.
RispondiEliminaL'ho scoperto da poco anch'io e ne ho gioito,perche' ora ho un motivo per celebrare questo giorno...Io non sono ne' piu' bella ne' piu' grande di te, dolcissima Simo!
Eliminagirando qua e là sono capitata nel tuo blog. Sono rimasta a leggere il tuompost tutto d'un fiato e mi sembrava di vivere quella stessa storia. Sono una prof. e quest'anno in classe ho una ragazza epilettica... ti ho scoperta e ho scoperto le tue ricete e ti seguo da subito! Serena
RispondiEliminaBenvenuta prof.! Grazie per la visita e per il commento, a presto!
EliminaCiao, sono capitata per caso nel tuo blog.. proprio oggi e mi sono trovata a leggere questo tuo messaggio anzichè una ricetta..
RispondiEliminaSo cosa significa avere qualcuno che sta male vicino a te (per molto tempo lo è stata mia madre che ora non c'è più) anche se non di epilessia, ma di altro... grazie perchè la malattia (qualunque) fa paura e parlarne in un giorno che si festeggia l'amore credo sia importante perchè tante sono le forme dell'Amore e l'amore passa anche attraverso i ricordi..
GRAZIE!
Federica.
Sono io che ringrazio te, Federica, davvero con tutto il cuore...
EliminaCosa dire...è stato il mio amore per l'Olanda a portarmi nel tuo blog e a frugare in questa tua valigia piena di mille milioni di cose proprio come quella di Mary Poppins..e dalle righe alla vita ho avuto la fortuna di incontrarti e di continuare a leggerti e pensare sempre che certi incontri sono come regali inaspettati e che bisogna sempre ricordarsi di esserne felici e di essere attenti,a tutto ciò che ci circonda. Questo post mi ha colpita al cuore molto più di una feccia di Cupido. Grazie Roby,un grandissimo abbraccio!
RispondiEliminaMa grazie a te Vale! Ricambio l'abbraccio e ci aggiungo un bacio con lo schiocco!
EliminaEcco un motivo valido per ricordarsi di questo giorno :)
RispondiEliminagrazie Roberta
Concordo Loredana e grazie a te!
EliminaNon lo sapevo, questa giornata è sempre e solo associata agli innamorati! Grazie per aver raccontato questa storia e aver condiviso una notizia molto importante. Un abbraccio :)
RispondiEliminaGrazie a te per essere passata, Marina. Tutto bene? Ti abbraccio anch'io, a presto.
EliminaNon sapevo che San Velentino fosse il protettore degli epilettici. La mia unica esperienza accanto ad na ragazza con tale malattia è stata all'Accademia delle belle arti...la ricordo delicata e sottile, idealista e forte dietro quell'apparenza fragile, nervosa. Mi fa piacere allora da ora abbinare questa ricorrenza ad un pensiero ben diverso, più attento verso chi ogni giorno combatte...grazie
RispondiEliminaBrava Isabeau, hai detto bene! Grazie a te per essere passata.
RispondiEliminaUn post stupendo Roby. Letto con il cuore, losentivo in gola.
RispondiEliminaGrazie per ricordare cose spesso dimenticate.
Mio cugino, ora 17 enne e sano, ebbe la prima crisi a 9 mesi. A due anni ne ebbe una in braccio a me e dovetti fargli il valium.
Sono cose che non si dimenticano, ma sono cose che passano.
Un abbraccio e buon san valentino
Grazie Francesca. Caspita, due anni...poverino! Immagino la tua preoccupazione. Sono contenta di sentire che ora tuo nipote sta bene.
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